martedì 9 marzo 2010

Per un futuro di lavoro diritti solidarietà e democrazia.

Non è mettendo la testa sotto la sabbia che si risolvono i problemi, infatti in questi giorni stanno venendo alla luce alcuni nodi che devono trovare una soluzione.
Io penso che nessuno di noi non guardi con preoccupazione gli effetti della crisi nelle nostre aziende. Non abbiamo mai dovuto affrontare contemporaneamente tutte queste situazioni di difficoltà e quello che la crisi lascerà sul terreno, lo possiamo immaginare tutti quanti.
Se c’è un parametro immediato per valutare, nella nostra regione la questione della crisi è quello di registrare le aziende che la crisi l’hanno certificata con l’utilizzo di ammortizzatori speciali quali la cassa integrazione straordinaria o la mobilità. E allora:

ALTO FRIULI:
CIGS per: FERRIERE NORD; SIAT E PITTARC; DM ELEKTRON; CARNIALED; ASEM; WEISSENFELS; COMEFRI; NASSIMBENI; TTF;
DE SIMON (chiusura); REDA (fallimento)

UDINE:
CIGS per: ABS; RHOSS; TRADER; ORU; STARK; CGA; PILOSIO; DINAMIC TECNOLOGIES; QUALISTEEL; CTT; NUNKI STEEL (solidarietà); TPS (fallimento)

GORIZIA:
CIGS per: CARRARO; EATON

PORDENONE:
CIGS per ATEX; C.I.L.; COSTAM-HITECH; COSTRUZIONI MECCANICHE; ELECTROLUX; EUROFORM; FARID; JACUZZI; LAF; LUVATA; MEC+; MEC-SYSTEM; MEGAL; MULTIAX; OFF.NE ELME; PORTISA; PRESSBEN; SA.BI;
SERR-MAC; SFS INTEC; SIAP (CARRARO); SMARTTV; TECNOMEK; TEREX – COMEDIL; TORNERIA MECCANICA; ZML

TRIESTE:
CIGS per; LABORANTI ed AZETA INIZIATIVE;

Serve forse un commento? E’ un disastro!

Le vicende della EATON, per esempio, che sta esaurendo la cassa integrazione o della DM Elektron che ha aperto la procedura di mobilità, devono essere affrontate da tutti con interventi concreti.

In Italia la cassa integrazione ha raggiunto nel 2009 la stratosferica cifra di un miliardo di ore, mentre nella nostra regione, posto l'aumento del 988,6 per cento della Cassa integrazione ordinaria, quella straordinaria è cresciuta del 162,5 per cento ed il calo delle assunzioni rispetto al 2008 è di quasi 42 mila unità, con un tasso tendenziale negativo del 19,8 per cento.

Sul piano annuale, le ore di CIG autorizzate (tra ordinaria e speciale) sono state 17,7 milioni, con una crescita complessiva del 318 per cento rispetto al 2008, quando le ore erano state 4,2 milioni. Gli ingressi nelle liste di mobilità sono passati invece dalle 5.691 unità del 2008 alle 8.344 del 2009, con un incremento del 46,6 per cento rispetto all'anno precedente.

Con un incremento del 553 per cento, l'aumento della CIG totale registrato nella provincia di Udine nel 2009 è di gran lunga più elevato del trend medio regionale. La CIG cresce, ma in tono minore, nelle altre province: Gorizia registra un aumento del 299,2 per cento, Pordenone del 207,5 per cento e Trieste del 189,2 per cento.

Ovviamente questi dati devono essere valutati anche tenendo conto di quei lavoratori, senza protezioni sociali che il lavoro lo hanno già perso e che hanno già esaurito il fragile sostegno derivato dalla disoccupazione ordinaria e delle casse in deroga.

Pur non guardando in faccia nessuno, la crisi ha colpito duro proprio li, dove le protezioni sociali sono quasi inesistenti ed in questo caso i lavoratori più giovani e le donne, sono stati quelli che hanno pagato il prezzo più alto.
In Italia, tra settembre 2008 e agosto 2009 l’Inps ha ricevuto oltre un milione di domande di disoccupazione, registrando un incremento del 53 per cento, rispetto all’anno precedente. Di queste ne sono state accolte 984 mila. Attualmente i disoccupati, sono stimati in quasi due milioni.
In Friuli Venezia Giulia il dato è che a fine 2009, i lavoratori disoccupati sono circa 12mila.

Complessivamente, i lavoratori coinvolti dall'impatto della crisi sono circa 40 mila, di cui 8 mila in cassa integrazione straordinaria, 2.500 in deroga, 5 mila in mobilità e 25 mila in cassa integrazione ordinaria. Le imprese coinvolte fino ad oggi sono circa 6 mila.

Tra questi, quelli che stanno vivendo, se possibile, un dramma maggiore, sono i lavoratori immigrati che, pur non vivendo in un ambiente palesemente ostile e degradato come quello campano di Villa Literno o calabrese di Rosarno, dove c’è stata la ribellione contro lo sfruttamento, la criminalità organizzata e gli attacchi razzisti, subiscono comunque la vergogna creata dalle leggi italiane che li considerano clandestini, e quindi delinquenti, solo perché hanno perso il posto di lavoro.
In questo contesto, diverse aziende stanno sfruttando o hanno sfruttato la crisi per fare brutalmente i fatti propri. A livello nazionale abbiamo l’esempio della FIAT che, pur beneficiando di quegli incentivi che le hanno consentito di tenere sulle quote di immatricolazione (con auto prodotte all’estero), dichiara la chiusura di stabilimenti, non conferma i lavoratori precari e minaccia ulteriori provvedimenti.

Guardando le caratteristiche di questa crisi, a livello globale, uno degli elementi che la caratterizzano è rappresentato dal coinvolgimento contemporaneo di tutte le economie che ha però inciso in modo diverso. Un fatto nuovo che, ha comunque inciso in modo differenziato nei diversi sistemi produttivi.
Questo per dire che chi ha sostenuto che la crisi non c’era, che non riguardava il nostro paese, che non riguardava l’economia reale, e che continua a dire che se c’era, ormai l’abbiamo superata, insiste a gettare il fumo dell’illusione ai cittadini ed ai lavoratori. Chi sosteneva che la crisi era solo uno stato d’animo, che si poteva superare con l’ottimismo è servito con i dati consuntivi del 2009 e le prospettive di crescita del 2010.
Se aggiungiamo la “ricetta” del presidente regionale Calligaris, per fortuna non condivisa nemmeno dai suoi associati, proposta per affrontare la crisi, ci possiamo rendere conto del livello che abbiamo raggiunto. Dichiarare che per affrontare la crisi non c’è alternativa ai licenziamenti; che si devono mandare a casa gli stranieri e gli italiani dovranno adattarsi a fare i lavori che facevano loro; che si dovrebbero introdurre i vouchers anche nell’industria; darà dei motivi in più per far aderire i lavoratori allo sciopero generale, sia quello del 12 marzo, che quello del 19 in provincia di Udine.
Per quanto riguarda la dinamica occupazionale, per i prossimi sei mesi, continuano a prevalere attese di segno negativo. Infatti, a fronte del 64 per cento di imprese per le quali il numero di occupati non registrerà variazioni nel corso dei prossimi 6 mesi, sono il 5 per cento quelle che prevedono di aumentare gli organici, contro il 31 per cento che all’opposto, ritengono di doverli ridurre.

Per questo, anche nella nostra regione, c’è chi auspica una riedizione del piano Davignon. Il piano che l’Unione europea attuò negli anni 80 per fronteggiare la crisi della siderurgia e per riequilibrare il mercato, incentivando la dismissione di stabilimenti.

E’ questa la soluzione più appropriata? Si dovrà valutare bene quale sarà l’impatto immediato sull’occupazione e quali dovrebbero essere le risorse da investire per compensare quanto si perde.
Vediamo esattamente l'opposto. Vediamo una economia che possa svilupparsi anche attraverso le energie rinnovabili e le reti informatiche, che potrebbero produrre decine di migliaia di posti di lavoro da subito. L’esempio della Germania è davanti agli occhi di tutti.

Sicuramente un piano di sviluppo adeguato non può che passare attraverso un piano di investimenti pubblici che ammodernino il nostro paese, ma per favore, nessun ponte sullo stretto!

Vogliamo investimenti di qualità che compensino i danni provocati all’ambiente e che migliorino sia la viabilità, che i servizi ai cittadini ed alle imprese.

Nessun commento:

Posta un commento