giovedì 25 marzo 2010

ISLAND MAI PERVENUTA


Ruoto di poco il busto, sollevo appena la spalla in un dislivello minimo.
Le braccia atoniche fuori allenamento, baciano scostanti i femori immobili.
Il braccio disattivato all’amore pende, ma ho letto il testo a seguire e conosco il destino della carezza.
Pertanto. Fletto ad angolo acuto braccio avambraccio, gomito a perno. La mano si apre piano, accogliente e appassionata in transito eletto. La luna indebolita dalle lagne dei poeti mediocri è ormai curva ciffotica. Mi ha aiutata a scendere, sollevata che io sia un’intrattenitrice bislacca adescatrice patologica a tratti più invasata dello stagionale basilico e nulla più. Ha da rodare la notte e mi fa scendere. Spengo tutto. Accendo la musica donata. Avanzo con la mano aperta a mezzo guscio di tridacna, la palma rivolta al viso destinato. Per sicurezza chiudo gli occhi. Eccomi. L’indice comincia a disegnare il perimetro del volto con gratitudine per aver accettato la pantomima, poi i lineamenti in dettaglio. Distendo e fletto le falangi. Provo a contenere tutto il viso nella mano come fosse refurtiva.
Mi sembra persino di riuscirci,ma non lascerò altro che impronte bianche.

di ornella pennacchioni

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