domenica 4 settembre 2011

“Eppur galleggia”(ma galeggiano anche i stronzi)

Domani è il giorno che divento muto

Si occupa principalmente, ma non esclusivamente, del mondo politico.
 
 
Stò vivendo in quel Paese definito “di merda”. A me non è sembrato affatto così, ma capisco che agli occhi di uno stronzo tutto sembri merda.

“Maledetti gli uomini ed i popoli che hanno ambizioni superiori ai propri mezzi”.

A dire queste parole fu il Mussolini di Salò, invecchiato e scoraggiato, che non si era più ripreso da quanto era avvenuto il 25 luglio, quando, in seguito alla decisione presa dal Gran Consiglio fascista di levargli il potere, il fascismo stesso si era sciolto come neve al sole e senza colpo ferire, per esprimere tutta la propria delusione nei confronti degli italiani che, a sud, già accoglievano gli alleati come liberatori.

E’ una frase che lessi in Parola di Duce, una raccolta di citazioni mussoliniane curata da Enzo Golino, che mi è tornata alla mente (le virgolette sono perciò forse improprie) leggendo le cronache politiche, economiche e di tutt’altra natura, di questi giorni.

Non intendo commentare ancora a lungo una manovra che reputavo ingiusta nella sua prima versione e reputo insufficiente in quella attuale. Il voto glielo stanno gia dando i mercati, ed è una costosa insufficienza. Carissima per il Paese e per le tasche di tutti i suoi cittadini. Il debito italiano è tornato a costare oltre 300 punti più di quello tedesco e, ricordiamolo, 100 punti valgono circa 19 miliardi.

Non tutto quel che ha deciso il governo è da buttare, intendiamoci. V’è una norma, in particolare, tra quelle contenute nella manovra, che proprio mi piace. E’ quella, secondo me doverosa, e che ho più volte invocato in questi anni, che subordina il ricorso contro le sanzioni comminate per irregolarità fiscali al saldo del debito con l’erario. Prima si paga al fisco quel che non s’è pagato, insomma, e poi si ricorre. Finalmente.

E’ il modo in cui il governo è arrivato alla definizione della manovra che è stato indegno.

Indegno di un governo, appunto.

Un misero spettacolo di figuranti della politica impegnati, per sopravvivere al potere un altro po’, a rinviare o a nascondere i sacrifici che sono necessari e, soprattutto, a cercare di scaricarli per quanto possibile sui ceti e le categorie che non sono , tradizionalmente, tra i loro elettori. Una manovricchia (alla cui stesura pare abbia partecipato, e la cosa sa di barzelletta, quell’insigne luminare della finanza di Renzo “Iridea” Bossi) nata dalla composizione degli interessi delle minute parti che compongono il governo e senza prestare minimante orecchio a quelli, più generali, di tutto il Paese.

Berlusconi si è rivelato per quel che è: un imbonitore, capace di spacciar benissimo le proprie favolette al pubblico, ma assolutamente incapace, proprio per la natura, da populista di un Sud America che non c’è più, del suo rapporto con quella che lui chiama “la gente”, di dire chiaro e tondo al Paese come, anche per colpa del proprio operato, stiano davvero le cose. Incapace, come dovrebbe fare il capo che s’illude ormai d’essere, di ammettere le proprie responsabilità e chiedere, per non precipitare nel baratro che si trova dinnanzi, la collaborazione totale di tutti i cittadini della Repubblica.

Dopo essersi auto-proclamato “miglior presidente del consiglio degli ultimi 150 anni”, dimenticando figure della statura di De Gasperi, Silvio Berlusconi, di fronte alle difficoltà si è dimostrato un ometto politico dai mezzi assai più modesti delle proprie smisurate ambizioni. Nelle parole di Mussolini, un maledetto.


La procura di Napoli, in questi giorni, ha ottenuto l’arresto di Gianpaolo Tarantini, di sua moglie e di Valter Lavitola, tra le altre cose editore de l’Avanti e al momento latitante. I tre pare ricattassero Berlusconi, a cui avrebbero estorto un fiume di denaro, per coprire i dettagli per lui più imbarazzanti del giro di escort di cui saprete.


Nel corso di una delle telefonate che il GIP di Napoli ha allegato alla propria richiesta d’arresto, Berlusconi, parlando con il suo amico/ricattatore Lavatola, esprime a modo suo la propria delusione nei confronti dell’Italia e dà, minacciano “me ne vado da questo paese di m…” la misura esatta del proprio valore d’uomo.


Vi ho già detto in quali circostanze Mussolini pronunciò quella frase


Mussolini, che l’Avanti diresse in gioventù, fu un dittatore, distrusse il paese, e al fascismo si possono ricondurre tanti dei mali che ancora affliggono la nostra società, ma tutti, anche i più fermi antifascisti tra i quali io mi reputo, devono riconoscergli, al di la di certi atteggiamenti, una sorta di tragica grandezza. Restituì, quando fu costretto ad andarsene, un’Italia in macerie, ma non coperta di ridicolo. Fossero quelli che fossero i suoi rapporti con la famiglia Petacci, non riesco proprio ad immaginarmelo tenuto in scacco da tre lenoni.


Dopo aver assistito a questo spettacolo e a tanti altri dello stesso tenore offertici da Silvio Berlusconi in questi anni, da cittadino di quel paese di m…, mi auguro solo che metta al più presto in atto la propria minaccia: che se ne vada.


Non dirò nulla alla sua partenza. Mi limiterò, per aiutarlo ad andare, a tirare lo sciacquone.

postato da: Bezzifer