mercoledì 24 marzo 2010

Danze dimenticate


Puff. Un tonfo, un urlo nel vuoto del nulla che impreca contro se stesso. Parole prive di senso che cercano di riempire uno spazio che deve restare vuoto. È l’inutilità mascherata da parole, tante piccole luride frasi prive di alcun significato.
Ascolta la musica, danza con le parole.
Tum, tum. È il cuore che batte. Ogni battito diventa sempre più insistente, più violento. Sembra che il cuore voglia scoppiarti nella tua fottuta gabbia toracica. Imprechi contro te stesso. Prendi a pugni il muro. Ti fai male e piangi. Povero bambino. Devi essere consolato. Immagini una mano amica che accarezza il tuo capo, che ti stringa a LEI e ti consoli. Povero mentecatto. Ricadi nell’offesa personale perché non riesci a capire che non ne hai più bisogno. Basta consolazioni, basta imprecazioni, basta essere assistito. Sei una PERSONA, vivi, respiri, pensi! Maledizione se lo fai! Eppure continui a vivere nell’ombra, nel vuoto primordiale che ti succhia ogni energia. La tua libido è fottuta, è questo quello che pensi. Te lo ripeti ogni giorno, come se quasi volessi credere a quell’assurdità. Lo fai, ci credi, in un modo o nell’altro. Sei convinto solo a metà, l’altra parte del tuo pensiero è divisa dentro di te. Cerchi di capire cosa tu stia dicendo senza riuscirci. Il collo ti fa male, la schiena ti fa male. Tutta la tua persona non fa altro che provocarti dolore. È il grido d’aiuto di chi vuol essere salvato. No, tu non vuoi essere salvato. Sei un martire, sei un folle, sei un pazzo che si uccide in pieno giorno senza un motivo apparente. Lo fai perché hai visto il mondo di traverso, hai visto la terra attraverso i filtri della follia, della pazzia, della delusione. Allora credi che tutto debba andare così, che esiste uno e un solo modo di fare le cose. La rabbia cresce dentro di te. Hai la nausea, lo stomaco si gonfia, il corpo fa rumore. Un altro urlo che viene abbandonato nella notte. Un altro abbandono. Vivi di solitudine circondato da persone. Sei l’assurdità fatta a modo. Cerchi di capire te stesso ma tutto quello che ne ricavi è uno sbadiglio. Sei stanco, solo, triste, martoriato da pensieri che nemmeno riesci ad ascoltare tanto che sono lontano. Cerchi di afferrare il senso di quelle parole ma ti ritrovi tra le mani solo strani simboli. Perché? Continui a ripetere. Nessuno ha una risposta per te. No, anzi, qualcuno l’ha ma è troppo lontano al momento, assente. Chissà per quale motivo. Illusione di una fantasia infantile. Tutta la tua persona è afflitta da infantilismo. Chiudi gli occhi ascoltando la musica, lasciando che la mente danzi con la sua solitudine. Poi sorridi senza conoscere il perché. Il MONDO scivola sotto di te. Le tue mani ti suggeriscono qualcosa che prontamente non afferri. Sei un tarato, un ottuso, un deviato. Allora ti fermi un attimo cercando di respirare, cercando di prendere fiato dopo una lunga e inutile corsa. Nemici immaginari che t’inseguono mascherati da fantasie. Millanterie!
Fuori piove, il vento taglia le tue labbra e tu, in ginocchio davanti alla notte, preghi affinché tutto si risolva. Alzati, ti suggerisce la tua coscienza, torna a casa dove c’è il calore che t’aspetta. Qui fuori non c’è niente per te, niente che ti appartenga, solo squallidi malanni che vogliono far male alla tua persona. Eccola, è ancora dentro di te. Produci altri suoni, altri rumori molesti abbandonano la tua figura. Ormai hai perso ogni ritegno, ogni controllo, tutto volge verso un unico fine a te sconosciuto.
Ti gira la testa. Vomiti pensieri e ricordi nel buio della notte illuminata solo da brevi lampi accompagnati da tuoni. La pioggia batte sul tuo viso cercando di pulire ogni peccato. Guardi il cielo, ma è così forte la pioggia che rischi solo di accecarti. Svieni al suolo.
Sei in camera tua. Pensi di esserti alzato e di aver vagato e domato la notte. Invece ti sbagli, sei rimasto lì a dormire, a ingozzarti di sogni.
Ti sei appena alzato. Sbadigli. Ti senti stanco, come se non avessi dormito. Vuoi tornare a letto ma lei ti prende da dentro. Ti senti scuotere ancora una volta. Sei agitato, il battito aumenta, la tensione pure. Sei pronto all’azione, a scattare, a lottare, tuttavia non ha nessun nemico da ferire. Sei solo in un corridoio d’albergo. Stanza 00. Vorrà dire qualcosa? Rutti, ti senti un po’ meglio. Ti senti libero. Il naso cola e ti pulisci con il pigiama. Che schifo, ripeti a te stesso. Fai schifo, vergognati. Che cosa potevo farci se il naso mi colava? Dov’è la mia stanza? Dio, che gran casino. Cammini per questo lungo corridoio del cazzo, senza se e senza ma. Poca luce e tanta confusione. Ti fermi vicino alla stanza 10. Guardi fisso quel numero per qualche minuto e poi ti accasci al suolo assumendo una posizione fetale. Così è se vi pare. Chiudi gli occhi, saluti tutti. È tempo di morire, è tempo di dormire.

Sergei

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