domenica 17 ottobre 2010

L'orgoglio dei metalmeccanici

Una grande conclusione, sul palco di San Giovanni, per una straordinaria manifestazione. Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, è intervenuto sul palco alle 17.52, dopo una lunga serie di interventi di delegati sindacali, lavoratori precari di vari settori, immigrati, rom, studenti in lotta contro la riforma Gelmini, rappresentanti di tante situazioni di lotta (dalla Sardegna a Pomigliano), movimenti sociali (come il popolo viola) e movimenti di lotta per la legalità. Landini ha detto subito che vedere questa grandissima piazza produce una grande felicità. Una piazza che parla a tutto il paese. Una manifestazione che ha confermato che c'è bisogno di rimettere al centro i diritti e contrastare la politica del governo e della Confindustria.

Landini ha ricordato che "per 20 anni ci hanno raccontato che era sufficiente lasciar fare al mercato. Ora non ci sono più regole per la finanza, l'evasione fiscale non ha precedenti. Mai una precarietà come in questo momento. C'è stata una redistribuzione della ricchezza senza precedenti. Una società così non è accettabile e per questo è necessario ribellarci per cambiare questa società. Uscire da questa crisi richiede dei cambiamenti. E' vero che noi diciamo dei no – ha detto Landini - quando si vogliono cancellare i diritti e la dignità delle persone. In questo senso noi diremo sempre no. Ma vorrei anche ricordare che noi avanziamo proposte. Vogliamo ridiscutere cosa si produce, vogliamo beni comuni difesi, vogliamo estendere i dirtti a chi non li ha. Ai giovani che hanno la prospettiva di essere precari a vita. La scuola diritto pubblico. Vogliamo anche che sia estesa la democrazia".

Il governo
"In questi giorni tanti hanno parlato, ha continuato Landini. Oggi i ministri si dovrebbero vergognare per quello che hanno detto. Hanno invocato il morto. Una irresponsabilità totale. Questa piazza dice: non solo è una manifestazione democratica e pacifica. Dice anche che chi lavora ha conquistato la democrazia di questo paese. I ministri possono dire oggi le loro castronerie perché siamo stati proprio noi a garantire il diritto al pensiero. Loro in realtà hanno paura della democrazia. Noi dobbiamo cambiare questo stato di cose. Già con il Libro bianco di Maroni – ha ricordato il segretario della Fiom - si era disegnato il progetto. Ora stanno facendo quello che avevano annunciato. Hanno perfino detto che noi difendiamo gli assenteisti. Ma noi non abbiamo mai difeso Brunetta. Ora il caso Fiat ha aperto gli occhi a tanti. Siamo di fronte a una teoria: per investire in Italia è necessario cancellare i diritti e i contratti. Invece dovremmo porci un altro problema. Perché la Fiat è messa peggio di altre marche? Perché in Germania gli stipendi sono più alti e si vendono più macchine?".

La Fiat
"Negli ultimi incontri con la Fiat – ha proseguito Landini - Marchionne, che parla con chiarezza, non ha detto solo ‘ditemi di sì'. Marchionne ha detto in realtà che il piano lo decide lui e non lo discute con nessuno. Solo la Fiom e la Cgil gli hanno detto che così non va bene. Sono allibito –ha confessato Landini - quando il governo non è capace di dire che sì. I primi a dire di no alla Fiat non siamo stati noi, ma il governo tedesco e il sindacato tedesco. Si deve discutere la politica industriale. Noi vogliamo che si continui a produrre in Italia le auto, i camion e i trattori. Se si vende meno è perché si è investito poco. La competizione non si fa tagliando i salari e i diritti. C'è un problema di qualità e di intervento pubblico. Se non c'è un intervento pubblico che orienti da questa crisi non si esce. E' ora di smetterla. Noi abbiamo avanzato delle controproposte per Pomigliano in base al contratto. Non ci hanno mai risposto. Vogliono solo cancellare il diritto di contrattare le condizioni di lavoro. Un imbarbarimento inaccettabile perché fa arretrare tutto il paese".

Il lavoro
Landini ha ripercorso poi tutte le tappe del caso Fiat: "A giugno in tanti ci spiegavano che l'accordo si poteva firmare – ha detto - ora siamo alla derogabilità del contratto. Il 5 ottobre la Fiat ci ha detto che se vogliamo conoscere il piano industriale, prima dobbiamo firmare un accordo che estende Pomigliano in tutti gli stabilimenti. Noi siamo in presenza di fabbriche che non hanno diritti. Il rischio vero è che l'articolo 1 venga superato: una repubblica fondata sullo sfruttamento.

Noi vogliamo fare accordi. E lo facciamo ogni giorno in migliaia di fabbriche". Per Landini "occorre quindi riaprire le trattative e far votare i lavoratori. Rilancio con forza le ragioni della manifestazione che ha messo insieme tante persone diverse. Al centro il lavoro che lega condizioni di vita così diverse. E' un elemento che unifica". Dopo questa grande manifestazione, ha detto ancora Landini, è necessario non disperde questo grande patrimonio. Obiettivo è trasformare questa società ingiusta, a partire dalle fabbriche e dal lavoro. Una società senza corruzione e ladrocini. Vogliamo estendere i diritti, gli ammortizzatori sociali a tutti. Non togliere diritti per darli ai giovani. Giusto battersi per un fisco giusto. Ma ci vuole coerenza: non tutti devono pagare meno tasse". 

Il contratto
"Sul contratto – ha proseguito Landini - in dieci righe hanno scritto che si può derogare. Questo determina una competizione selvaggia. L'unico contratto è quello del 2008. L'unico legittimo. Anche in tribunale lo difenderemo. Ma dobbiamo dire di più. Quando ho lavorato in fabbrica, tutti avevano lo stesso contratto. Oggi siamo frantumati e divisi. Abbiamo bisogno della riunificazione dei diritti. Pensiamo a qualcosa di nuovo. Non meno contratti, non contrattare nel territorio. Pensare al contratto dell'industria, del pubblico impiego, ovvero a come si riunificano i lavoratori. 

Parliamo anche di legalità perché abbiamo visto quello che è successo all'Aquila o in Sicilia. L'unica cosa che si estende è l'illegalità. Vogliamo che il lavoro torni ad essere interesse generale e fare realizzare le persone nel lavoro, ma con i diritti". Landini ha poi sottolineato che la "democrazia è attaccata ad ogni livello. Ai lavoratori si impedisce di votare. Ci vuole una legge sulla democrazia. Ogni accordo deve essere approvato dalla maggioranza dei lavoratori. Un diritto dei lavoratori. L'unica condizioni per ripristinare l'unità. E' questa la prima cosa da fare".

Lo sciopero
"Oggi è successa una cosa straordinaria – ha concluso tra gli applausi Landini - c'è una novità. E' successo che se non c'erano i lavoratori di Pomigliano che hanno votato no, se non c'erano i tre delegati di Melfi che continuano a battersi e non si fanno pagare senza lavorare, non sarebbe stata possibile neppure questa grande manifestazione. Lo dico sommessamente. Ed è per questo che noi abbiamo il dovere di continuare la battaglia. Dobbiamo – ha detto Landini tra gli applausi di tutta la piazza - arrivare allo sciopero generale di tutti i lavoratori".







rassegna.it

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