lunedì 30 agosto 2010

Io non so.




Io non so. Se avessi una vita davanti a me – io che sto per morire – la passerei a raccontare questa storia..


Senza smettere mai, mille volte,per capire cosa vuol dire che la verità si concede solo all’orrore,
 e che per raggiungerla abbiamo dovuto passare da questo inferno, per vederla abbiamo dovuto distruggerci l’un l’altro, 
per averla abbiamo dovuto diventare belve feroci, per stanarla abbiamo dovuto spezzarci di dolore. 
E per essere veri abbiamo dovuto morire.
 Perché? 
Perché le cose diventano vere solo nella morsa della disperazione? 
Chi ha rigirato il mondo in questo modo, che la verità deve stare nel lato oscuro, 
e l’inconfessabile palude di un’umanità reietta è l’unica schifosa terra in cui cresce ciò che, 
solo, non è menzogna? 
E alla fine: che verità è mai questa, che puzza di cadavere,
 e cresce nel sangue, si nutre di dolore, e vive dove l’uomo marcisce? 
È la verità di chi? È una verità per noi? 
Là sulla riva, in quegli inverni, io immaginavo una verità che era quiete, era grembo, era sollievo, e clemenza, e dolcezza.
 Era una verità fatta per noi. 
Che noi aspettava, e su di noi si sarebbe chinata, come una madre ritrovata. 
Ma qui, ho visto la verità fare il suo nido, meticolosa e perfetta:
e quel che ho visto è un uccello rapace, magnifico in volo, e feroce. 
Io non so. Non era questo che sognavo, d’inverno, quando sognavo questo. 

A. Baricco

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