sabato 28 agosto 2010

Padroni e lavoratori: applicate la Costituzione

                       

di Diego Novelli


Non è una boutade la nostra, ma una proposta seria anche se provocatoria.

A seguito della vicenda Fiat-Melfi che ha visto tre operai licenziati perché scioperavano, dopo la sentenza della magistratura che li ha reintegrati, dopo il rifiuto della Fiat di rispettare il giudizio del magistrato del lavoro, abbiamo avuto l'exploit di Marchionne al raduno di Comunione e Liberazione di Rimini subito proclamato cavaliere senza macchia e senza paura.

La sintesi del discorso dell'amministratore delegato della Fiat è questa:

1) io ho sempre ragione;

2) è finito il tempo della guerra tra padroni e operai;

3) ci vuole un patto sociale tenendo conto però del quadro internazionale che impone anche scelte dolorose.

Prendiamo sul serio i punti 2 e 3 anche perché, ci scusi Marchionne, c'era già Mussolini che aveva sempre ragione e sappiamo dove ha trascinato l'Italia e che fine abbia fatto.

Riteniamo che gli operai non pratichino come sport la guerra ai padroni anche perché fare sciopero costa. Hanno solo la pretesa di difendere i loro diritti acquisiti ed il rispetto dei contatti e delle leggi.

Non è dello stesso parere Marchionne che, ad esempio a Pomiglianio e poi arriverà anche la volta di Mirafiori (anche se il sindaco Chiamparino continua acriticamente a fare il tifo per lui), vuole ridurre il tempo della pausa pranzo, aumentare la velocità delle linee di montaggio e decide lui i turni reintroducendo il lavoro notturno, il sabato e anche la domenica per meglio sfruttare gli impianti.

L'uomo, che non porta mai la giacca, dimentica che il padrone decide come vuole sull'uso del capitale e degli impianti che però non sono sufficienti per fare impresa: occorre anche la forza lavoro, e l'uso di questa va contrattato, non può disporne come meglio ritiene.

Inutile che studiosi di sinistra (o presunti tali) come il professor Berta e il senatore Ichino ci ricordino che va tenuto conto del rispetto degli standard dell'Occidente industrializzato.

In altre parole anche in Italia si deve fare come negli Stati Uniti o in Germania.

Se così dovesse essere non va dimenticato che nelle imprese di questi due grandi paesi i lavoratori hanno una loro rappresentanza nei consigli di amministrazione sia pur con voto consultivo e non deliberativo.

Se non altro sono informati di ciò che realmente accade nelle loro aziende e dove hanno una partecipazione azionaria attraverso i sindacati, possono meglio tutelare i loro interessi.

E veniamo alla proposta di cui abbiamo accennato in apertura di questa nota.

Perché i vari Chiamparino, Berta, Ichino, esponenti della sinistra (o presunta tale) non chiedono al governo, alle forze politiche di maggioranza e di opposizione, alla Confindustria e ai sindacati l'attuazione dell'articolo 46 della Costituzione che recita:

«Ai fini dell'elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, alla gestione delle aziende».

Alludeva forse alla Costituzione il presidente della Repubblica nei suoi interventi sulla vicenda di Melfi?

Potrebbe essere uno strumento utile per stabilire quel patto sociale auspicato da Marchionne e in sintonia con il quadro internazionale.

http://www.nuovasocieta.it/inchieste/7200-melfi-colpirne-tre-per-educarne-cento.html

http://www.nuovasocieta.it/attualita/7247-marchionne-contro-tutti.html

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