venerdì 13 agosto 2010

Hago girar mis brazos como dos aspas locas





 Faccio girare le mie braccia come due aspi folli..
nella notte tutta di metalli azzurri.

Verso il punto in cui i sassi non arrivano e
ritornano.
Verso il punto in cui i fuochi oscuri si
confondono.
Ai piedi delle muraglie che il vento immenso
abbraccia.
Correndo verso la morte come un grido verso
l'eco.
Il remoto, verso il punto in cui ormai non resta
che la notte
e l'onda dell'intento, e la croce del desiderio.
Fanno venir voglia di gemere il singhiozzo più
lungo.
Bocconi di fronte al muro che sferza il vento
immenso.

Ma voglio posare i miei piedi oltre questa
impronta:
ma voglio sconvolgere questi astri infuocati:
quel che è la mia vita e sta oltre la mia vita,
ciò che è di ombre dure, di nulla, di remoto:
voglio ribellarmi nelle ultime catene che mi
imprigionano,
sopra questo spavento borioso, in quest'onda di
vertigine,
e lancio i miei sassi tremanti verso questo paese
nero,
solo, sulla vetta dei monti,
solo, come il primo defunto,
girando impazzito, preda del cielo oscuro
che guarda immensamente, come il mare nei
porti.

Qui, la zona del mio cuore,
colma di gelido pianto, bagnata di sangue
tiepido.
Da esso, sento saltare i sassi che mi annunciano.
In esso danza il presagio del fumo e della nebbia.
Tutto di vasti sogni caduti goccia a goccia.
Tutto di furie e onde e maree sconfitte.
Ah, il mio dolore, amici, già non è più un dolore
umano.
Ah, il mio dolore, amici, è ormai troppo grande
per la mia vita.
E in esso piego le onde che vanno rovesciando
stelle!
E in esso salgono i miei sassi nella notte nemica!
Voglio aprire nei muri una porta. Questo voglio.
Questo desiderio. Invoco. Grido. Piango.
Desidero.
Sono il più dolente e il più debole. Voglio
esserlo.
Il remoto, là dove ormai non resta
che la notte.

Ma le mie fionde girano. Sono. Grido.
Desidero.
Astro dopo astro, tutti fuggiranno in mille
schegge.
La mia forza è il mio dolore, nella notte. Voglio
così.
Devo aprire quella porta. Devo varcarla. Devo
superarla.
Devono raggiungerla i miei sassi. Grido. Piango.
Desidero.

Soffro, soffro e desidero.Desidero, soffro e
canto.
Fiume di antiche vite, la mia voce salta e si
perde.
Intreccia e disfa lunghe collane atterrite.
Si gonfia come una vela nel vento celeste.
Rosario dell'angoscia, non sono io a sgranarlo.
Filo disperato, non sono io a intrecciarlo.
Il guizzo della spada nonostante le braccia.
L'annuncio nelle stelle della notte imminente.
Sono io: ma la mia voce è l'esistenza che
nascondo.
Il temporale di ululati e lamenti e febbri.
La sete dolorosa che rende prossima l'acqua.
La risacca invincibile che mi trascina a morte.
Allora gira il mio braccio, e la mia anima scintilla.
I tremiti s'inerpicano fino all'incrocio delle mie
ciglia.
Ecco le mie braccia fedeli! Ecco le mie mani
avide!
Ecco la notte assorta! La mia anima grida e
desidera!
Ecco qui gli astri pallidi tutti pieni di enigma!
Ecco qui la mia sete che ulula sulla mia voce
ormai morta!
Ecco qui gli alvei folli che fanno girare le mie
fionde.
Le voci infinite che preparano la mia forza!
E piegato in un nodo di aneliti infiniti,
nell'infinita notte, sciolgono e salgono i miei sassi.
Oltre quelle mura, oltre quei limiti, lontano.
Devo oltrepassare i confini della luce e
dell’ ombra.
Perché non debbo essere io? Grido. Piango.
Desidero.
Soffro, soffro e desidero. Vibro e ronzano le mie
fionde.
Il viaggiatore che protrae il suo viaggio senza
ritorno.
Il fromboliere che infrangerà la fronte dell’ombra.
I sassi entusiasti che faran partorire la notte.
La freccia, la scintilla, la scure, la prua.
Grido. Soffro. Desidero. Allora si alza il mio
braccio,
verso la notte piena di stelle sconfitte.

Ecco la mia voce estinta. Ecco qui la mia
anima caduta.
Gli sforzi vani. La sete ferita e rotta.
Ecco qui i miei agili sassi che ritornano e mi
feriscono.
Le alte luci bianche che danzano e si estinguono.
Le umide stelle assolute e assorte.
Ecco qui le stesse pietre che levò la mia anima in
battaglia.
Ecco qui la stessa notte da dove ritornano.

Sono il più dolente e il più debole. Desidero.
Desidero, soffro, cado. Il vento immenso sferza!
Ah, il mio dolore, amici, non è più dolore
umano!
Ah, il mio dolore, amici, è ormai troppo grande
per l'ombra!
Nella notte, tutta di astri freddi ed erranti,
faccio girar le mie braccia come due aspi folli.


(Da Il Fromboliere entusiasta, Pablo Neruda)

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