Stare con me è difficile, lo so e l’ho sempre saputo. Sono una di quelle che vive di piccoli gesti e di attenzioni. Un sorriso, qualche bella parola, una telefonata, una canzone, una sorpresa ogni tanto. Sono una di quelle che danno peso alle parole. A quali vengono scelte, come vengono dette, al tono di voce. E le parole, quelle che segnano, devi dirle bene. Devi dimostrarle bene. Sono una di quelle che non si accontenta, mai. Non mi accontento di un amore mediocre, di una relazione mediocre, di un uomo mediocre. Sono una di quelle che ama la propria libertà, e proprio perchè la amo mi rifiuto di metterla da parte per la prima che promette amore eterno. Che poi si sa, le parole se le porta via il vento. Sono una di quelle che se c’è una strada dritta, spianata, distesa sceglie quella più tortuosa, più diroccata e insidiosa, ma che in un modo o nell’altro arriva alla meta. Sono una di quelle che non rimane indifferente o zitti se una cosa non mi sta bene. No. Io sono una di quelle che sbatte pugni contro il muro, che si incazza per farsi capire. Sono una di quelle che non tieni in un angolo, perchè se voglio stare in disparte mi ci metto da sola. Sono una di quelle che non sceglie chi giura amore o chi ostenta affetto in pubblico, ma che sceglie quelle con l’anima in fiamme, deluse e ferite e che per strappargli uno sguardo amorevole devi pregare, perchè se scegli loro stai sicuro che ti distruggeranno, ma ti ameranno davvero. Sono una di quelle che fa ciò che vuole, come vuole, con chi vuole, anche pentendosi ma lo fa perchè in quel momento vuole così. Sono una di quelle che indossa un sorriso e la sua armatura e non la vedi crollare manco se ti impegni. Sono una di quelle che passa le nottate sveglia, perchè la notte è per persone vere. Sono una di quelle che vede e sente tutto, ma che non lo dà a vedere per poi colpirti e farti male quando vuole. Sono una di quelle che incassa colpi su colpi ma non cade, e se cade si rialzerà sempre una volta in più. Perchè mi è stato insegnato così...
cammino
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità. (P. Neruda)
giovedì 22 maggio 2025
domenica 11 maggio 2025
CERCO LE RARITA'
Cerco le rarità…
Cosa me ne faccio di una quotidiana bellezza?
Voglio che le cose mi sorprendano,....
mi lascino senza fiato...........
Voglio il difetto che rende uniche le cose...
.
_BG_
Cosa me ne faccio di una quotidiana bellezza?
Voglio che le cose mi sorprendano,....
mi lascino senza fiato...........
Voglio il difetto che rende uniche le cose...
.

venerdì 24 gennaio 2025
NESSUNA SOLIDARIETÀ, MA CONDANNA ALLA SUA INDIFFERENZA.
Il ricordo dell'Olocausto deve rimanere indelebile nella memoria
collettiva come un monito contro la violenza, l'odio e la
discriminazione. È doveroso rendere onore alle vittime dei campi di
concentramento, non solo agli ebrei, ma anche ai Rom, agli omosessuali,
ai disabili, ai partigiani, ai prigionieri politici e di guerra. Ognuno
di loro ha subito un destino crudele, spinto dall'intolleranza e dalla
deumanizzazione. Il genocidio perpetrato dai nazisti è una ferita che
deve essere ricordata con la massima gravità, affinché simili atrocità
non abbiano mai più luogo. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che non
possiamo accettare passivamente un atteggiamento che minimizzi il
dolore e la sofferenza di altri popoli, a partire dal popolo
palestinese. La condanna per la violenza e la barbarie non deve essere
selettiva. Non possiamo fare distinzioni tra le vittime in base alla
loro identità etnica o religiosa. Le parole di Liliana Segre, rispettata
come voce di una sopravvissuta all’Olocausto, non possono essere
esentate da una critica severa quando si rivelano insufficienti o
indifferenti di fronte alla tragedia che sta affliggendo il popolo
palestinese. La minimizzazione della strage in corso, il rifiuto di
riconoscere la portata del genocidio, sono inaccettabili. Il fatto che
una persona che ha subito la violenza dell’odio e del razzismo possa
giustificare o tacere di fronte a un'altra forma di violenza genocida è
un paradosso che non può essere tollerato. La memoria della Shoah
dovrebbe insegnarci l'uguaglianza, la solidarietà e il rispetto per la
dignità umana in ogni sua forma. Non possiamo permettere che la
sofferenza di un popolo venga ignorata o ridotta a una questione di
interesse politico. Chi ha vissuto l’orrore della deportazione dovrebbe
essere il primo a sollevarsi contro ogni forma di oppressione, a lottare
per i diritti di tutti, senza distinzione di etnia, religione o
nazionalità. La violazione dei diritti umani, in qualsiasi parte del
mondo, deve essere condannata senza ambiguità. Non possiamo permettere
che il dolore di un popolo venga oscurato o giustificato, nemmeno quando
proviene da chi ha vissuto l’orrore. La giustizia, la pace e il
rispetto per la vita umana devono essere valori universali, condivisi da
tutti. Non basta ricordare le vittime dell'Olocausto, dobbiamo
attivamente lottare per un mondo in cui ogni individuo, ovunque, possa
vivere con dignità, senza subire la violenza di oppressori indifferenti
alla sofferenza altrui. Non si tratta di antisemitismo, si tratta di
rispetto dell'umanità che sembra, la Signora Segre, abbia dimenticato.
Federica Crasci
Federica Crasci
giovedì 23 gennaio 2025
RESISTENZA YAHYA SINWAR
“Non aspettatevi che il mondo faccia giustizia per voi”. Il testamento di Yahya Sinwar
Sono Yahya,
il figlio di un rifugiato che ha trasformato l’esilio in una patria temporanea e ha fatto del sogno una battaglia eterna. Mentre scrivo queste parole, ricordo ogni momento della mia vita: dalla mia infanzia nei vicoli, ai lunghi anni di prigionia, a ogni goccia di sangue versata sul suolo di questa terra.
Sono nato nel campo di Khan Yunis nel 1962, in un periodo in cui la Palestina era solo un ricordo lacerato e mappe dimenticate sui tavoli dei politici.
Sono l’uomo che ha intrecciato la sua vita tra fuoco e cenere, e ha capito presto che vivere sotto occupazione significa non avere altro che una prigione permanente.
Sapevo fin da giovane che la vita in questa terra non è come qualsiasi altra, e che chi nasce qui deve portare nel cuore un’arma indistruttibile, e capire che la strada verso la libertà è lunga.
Le mie volontà per voi iniziano qui, da quel bambino che ha lanciato la prima pietra contro l’occupante e che ha imparato che le pietre sono le prime parole con cui possiamo farci sentire da un mondo che osserva silenzioso le nostre ferite.
Ho imparato nelle strade di Gaza che una persona non si misura per gli anni della sua vita, ma per ciò che dà alla sua patria. E così è stata la mia vita: prigioni e battaglie, dolore e speranza. Sono entrato in prigione per la prima volta nel 1988 e sono stato condannato all’ergastolo, ma non conoscevo la via della paura.
In quelle celle oscure, vedevo in ogni muro una finestra verso l’orizzonte lontano e in ogni sbarra una luce che illuminava il cammino verso la libertà. In prigione, ho imparato che la pazienza non è solo una virtù, ma un’arma… un’arma amara, come qualcuno che beve il mare goccia dopo goccia.
Il mio consiglio per voi: non temete le prigioni, poiché sono solo una parte del nostro lungo cammino verso la libertà. La prigione mi ha insegnato che la libertà non è solo un diritto rubato, ma un’idea nata dal dolore e affinata dalla pazienza.
Quando sono stato rilasciato con l’accordo “Wafa al-Ahrar” nel 2011, non sono uscito come ero prima, ne sono uscito più forte e la mia fede è aumentata nel fatto che quello che stiamo facendo non è solo una lotta passeggera, ma piuttosto il nostro destino che portiamo fino all’ultima goccia del nostro sangue.
Il mio consiglio è di rimanere fedeli all’arma, alla dignità che non può essere compromessa e al sogno che non muore mai.
Il nemico vuole che abbandoniamo la resistenza, per trasformare la nostra causa in una negoziazione senza fine. Ma vi dico: non negoziate per quello che vi spetta di diritto. Temono la vostra fermezza più delle vostre armi.
La resistenza non è solo un’arma che portiamo con noi; è piuttosto il nostro amore per la Palestina in ogni respiro che prendiamo, è la nostra volontà di rimanere, nonostante l’assedio e l’aggressione.
Il mio consiglio è di rimanere fedeli al sangue dei martiri, a coloro che sono partiti e ci hanno lasciato questo cammino pieno di spine. Sono loro ad averci aperto il cammino verso la libertà con il loro sangue, quindi non sprecate quei sacrifici nei calcoli dei politici e nei giochi della diplomazia.
Siamo qui per completare ciò che i primi hanno iniziato e non ci devieremo da questo cammino qualunque sia il costo. Gaza è stata e rimarrà la capitale della fermezza, e il cuore della Palestina che non smette mai di battere, anche se la terra diventa troppo stretta per noi.
Quando ho assunto la guida di Hamas a Gaza nel 2017, non è stata solo una transizione di potere, ma piuttosto una continuazione di una resistenza iniziata con le pietre e proseguita con le armi. Ogni giorno sentivo il dolore del mio popolo sotto assedio e sapevo che ogni passo verso la libertà aveva un prezzo.
Ma vi dico: il prezzo della resa è molto più grande. Pertanto, aggrappatevi alla terra come una radice si aggrappa al suolo, poiché nessun vento può sradicare un popolo deciso a vivere.
Nella battaglia Al Aqsa Flood, non ero il leader di un gruppo o movimento, ma piuttosto la voce di ogni palestinese che sogna liberazione. Sono stato guidato dalla mia convinzione che la resistenza non sia solo una scelta, ma un dovere.
Volevo che questa battaglia fosse una nuova pagina nel libro della lotta palestinese, dove le fazioni si unissero e tutti si schierassero in un’unica trincea contro un nemico che non ha mai distinto tra un bambino e un anziano o tra una pietra e un albero.
Al Aqsa Flood è stata una battaglia delle anime prima ancora dei corpi e della volontà prima delle armi. Quello che ho lasciato dietro di me non è un’eredità personale, ma un’eredità collettiva per ogni palestinese che ha sognato libertà, per ogni madre che ha portato sulle spalle il figlio martire, per ogni padre che ha pianto amaramente per sua figlia assassinata da un proiettile traditore.
Le mie ultime volontà sono quelle di ricordare sempre che la resistenza non è vana e non è solo un proiettile sparato; è piuttosto una vita vissuta con onore e dignità.
La prigione e l’assedio mi hanno insegnato che la battaglia è lunga e la strada difficile, ma ho anche imparato che i popoli che rifiutano di arrendersi creano i propri miracoli con le loro mani.
Non aspettatevi che il mondo faccia giustizia per voi; ho vissuto e testimoniato come il mondo rimane muto di fronte al nostro dolore.
Non aspettatevi giustizia; siate giustizia. Portate il sogno della Palestina nei vostri cuori e trasformate ogni ferita in un’arma e ogni lacrima in una fonte di speranza.
Questa è la mia volontà: non abbandonate le vostre armi, non gettate pietre, non dimenticate i vostri martiri e non compromettete un sogno che vi spetta di diritto. Siamo qui per restare, nella nostra terra, nei nostri cuori e nel futuro dei nostri figli.
Vi affido alla Palestina, la terra che ho amato fino alla morte e il sogno che ho portato sulle spalle come una montagna indomita.
Se cado, non cadete con me; portate per me uno stendardo mai caduto e fate del mio sangue un ponte per una generazione più forte nata dalle nostre ceneri. Non dimenticate mai che la patria non è una storia da raccontare ma piuttosto una realtà da vivere; da ogni martire mille combattenti della resistenza nascono dal ventre di questa terra.
Se l’inondazione ritorna e io non sarò tra voi, sappiate che sono stata la prima goccia nelle onde della libertà e ho vissuto per vedervi completare il viaggio.
Siate una spina nella loro gola, un’inondazione senza ritirata, e non calmatevi finché il mondo riconoscerà noi come i legittimi proprietari del diritto; noi non siamo numeri nei bollettini delle notizie.
Che Dio ci guidi e protegga tutti.
domenica 19 gennaio 2025
ANTIFASCISTA
"Non sono mai stata una politicante e difficilmente lo sarò. Non ho seguito un'ideologia non riconoscendomi in quelle storiche. Potrei definirmi, sì, una anarcoide, una anticonformista, una cagacazzo.
Soprattutto mi definirei un antifascista, anzi è l'unica cosa che so di essere.
E non mi interessa di non appartenere, di avere poca identità, bensì mi interessa combattere quel che è un ideale di un altro o, meglio, quelli che sono i comportamenti.
Cari fascisti, oggi vi vedo apparire come i funghi, nutrendovi delle morti che hanno reso possibile la libertà di pensiero.
Sapete benissimo che quelli come me e i vostri avversari di ideali sono molto deboli politicamente.
Sappiate, però, che c'è una cosa che ci rende invincibili: voi. Ci mettete tutti dalla stessa parte, siete il capitano che non abbiamo.
Saremo sempre uno più di voi, sempre più forti ogni volta che metterete le nostre vite a repentaglio.
E' un pò come l'infinito matematico: ce n'è sempre uno più grande. "
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